AssicurazioniDiritto civileLa clausola che prevede uno scoperto in caso di riparazione “non convenzionata” non è vessatoria.

Corte di Cassazione, sez. III, sentenza pubblicata il 19.12.2024

MASSIMA: “La clausola inserita in un contratto di assicurazione contro i danni, la quale preveda una misura differenziata dell’indennizzo in funzione delle scelte dell’assicurato circa il soggetto cui affidarsi per la riparazione del bene danneggiato, non è di per sé sola restrittiva della libertà negoziale con i terzi, né produttiva di un significativo squilibrio, per i fini di cui agli artt. 1341 c.c. o 33, lett. t), d.lgs. 206/05.”.

COMMENTO

Con la sentenza del 22 ottobre 2024, pubblicata in data 19 dicembre 2024, la Corte di cassazione ribadisce il proprio orientamento ormai costante secondo cui la previsione di uno scoperto o di una franchigia (o entrambi), nel caso in cui il danneggiato si rivolga a un’officina non convenzionata per le riparazioni al proprio veicolo, non costituisce una restrizione alla libertà contrattuale con i terzi.

La sentenza è interessante poiché illustra la natura e la consistenza ontologica della clausola restrittiva della libertà contrattuale, precisando che è tale la clausola che imponga all’aderente l’obbligo di contrattare solo con il predisponente, come una clausola di esclusiva, oppure che preveda uno svantaggio economico nel caso in cui l’aderente chieda a terzi la medesima prestazione offerta anche dal predisponente, come nel caso di una clausola di riduzione dell’indennizzo allorché l’assicurato stipuli altre polizze a copertura del medesimo rischio presso altre compagnie assicuratrici.

Diversamente, la clausola con cui l’aderente si impegna verso il predisponente a concludere affari con uno specifico terzo costituisce un mero patto interno che rientra legittimamente nella libertà contrattuale delle parti. Pertanto, la clausola che moduli l’ammontare dell’indennizzo distinguendo tra officina convenzionata e non convenzionata non deve essere interpretata sulla scorta del punto di vista del carrozziere non convenzionato, ma di fiducia del danneggiato, che si vedrebbe sottratto l’affare. Così ritenendo, si ragionerebbe in maniera fuorviante attraverso le “lenti” del terzo che, in realtà, è escluso dal contratto di assicurazione e, in particolare, dalla clausola in esame: questa costituisce un patto interno tra le parti e, se accettata, è pienamente valida ed efficace anche per l’aderente.

Tale clausola, pertanto, non costituisce un disincentivo alla contrattazione con terzi, né una “coazione indiretta a non contrattare con terzi”, poiché altrimenti ne deriverebbe che la polizza che preveda uno scoperto o una franchigia dipendenti dalle scelte dell’assicurato, a seconda che opti per un’officina convenzionata o meno, costituisca una sorta di “sottospecie” dell’assicurazione a valore pieno, come se “il pagamento integrale dell’indennizzo costituisca sempre il minimo indefettibile di ogni contratto di assicurazione”. L’assurdità di tale conclusione vanificherebbe la concreta utilità pratica di strumenti come la sottoassicurazione, la franchigia e lo scoperto che, invece, rispondono a una logica di garanzia e di delimitazione del rischio garantito ai fini della concreta sostenibilità dell’intero sistema assicurativo.

In realtà il ragionamento deve più opportunamente prendere le mosse osservando la fattispecie dal punto di vista delle parti del contratto e della causa concreta di questo, ai sensi della recente qualificazione civilistica che ne ha individuato una funzione economica non solo sul piano sociale, ma anche su quello individuale, come funzione concreta che sostiene l’intera operazione contrattuale tra le parti.

In un contratto di assicurazione contro i danni, come quello in esame, l’assicurato ha evidentemente lo scopo di ottenere una garanzia indennitaria nel caso in cui si verifichino eventi dannosi alla propria autovettura, mentre l’assicuratore ha l’obiettivo di implementare il plateau di garantiti al fine di poter far fronte alle richieste di indennizzo, sulla scorta di complessi studi di natura anche statistica su cui si fonda l’intero sistema assicurativo.

Sulla scorta di tali considerazioni deriva che la previsione di uno scoperto in capo all’assicurato, laddove questo opti per un’officina non convenzionata, non nasce come disincentivo a sfavore dell’officina di fiducia, ma, al contrario, come un incentivo a usufruire dei vari servizi che offre l’assicuratore, tra cui i servizi di riparazione presso officine convenzionate, in quanto si tratta di officine di fiducia dell’assicuratore stesso. Emerge, così, la salvaguardia del sistema fiduciario che contribuisce a muovere l’economia, mutando solo la prospettiva da cui va più correttamente osservato il fenomeno: l’assicurato, dopo aver vagliato le offerte delle varie compagnie assicuratrici, ha scelto  quella che gli ispirava maggior fiducia, e questa, a sua volta, ha selezionato le proprie officine di riparazione di fiducia, verso cui, per una sorta di proprietà transitiva, si tenta di indirizzare gli stessi assicurati, attraverso gli strumenti che la libera contrattazione consente, tra cui una semplice clausola contrattuale che, di fatto, risulta vantaggiosa per lo stesso assicurato.

Tale sistema muove, altresì, dall’assunto che la misura dell’indennizzo è rimessa alle parti poiché l’integralità di questo costituisce solo un’opzione possibile, ma non un “minimo indefettibile” di ogni contratto di assicurazione. D’altra parte, non sussiste una gerarchia di validità tra l’assicurazione a valore pieno e la sottoassicurazione o l’assicurazione con scoperto obbligatorio o con franchigia, ma, al contrario, si tratta di pattuizioni tutte pienamente valide e di pari valore giuridico tra loro, rimesse alla libera volontà delle parti. Se poi accade che la clausola che prevede uno scoperto obbligatorio preveda al contempo anche una franchigia e magari anche una riduzione dell’indennizzo per degrado d’uso del veicolo, la concentrazione di simili pattuizioni in un’unica clausola non inficia la validità della stessa, ben potendo queste sommarsi o meno a discrezione del predisponente, a maggior ragione quando la gamma dei diritti dell’assicurato ne risulta ampliata, come ricorre nel caso di specie.

Pertanto, la clausola che aumenta l’ammontare dell’indennizzo, nel caso in cui l’assicurato scelga di far riparare il proprio veicolo presso un’officina di fiducia dell’assicuratore, assume l’effettivo significato di un “incentivo premiante”, come nel caso di uno sconto sul premio o di una clausola di incontestabilità delle eccezioni fondate sul rischio.

Né tale clausola potrebbe ragionevolmente ritenersi vessatoria in quanto “foriera di un significativo squilibrio”. Sul punto la sentenza in esame ribadisce la distinzione tra clausola delimitativa dell’oggetto del contratto e clausola limitativa della responsabilità o di esclusione del rischio, qualificando la clausola de qua nel primo senso. Infatti, per poter ritenere vessatoria una simile pattuizione occorrerebbe, ancora una volta, postulare che l’assicurazione a valore pieno costituisca il minimo indefettibile del contratto di assicurazione, ma, come sopra illustrato, così non è, altrimenti escludendosi alla radice qualsivoglia possibilità di delimitazione dell’oggetto garantito.

La clausola che modula l’indennizzo a seconda che l’officina incaricata della riparazione sia convenzionata o meno costituisce, quindi, una “misura premiante” che rientra legittimamente nell’alveo dell’autonomia privata contrattuale delle parti e, come tale, pienamente valida.

Spetta all’assicurato, prima di stipulare la polizza, vagliare molto attentamente tutte le clausole di cui questa si compone, in modo da scegliere la compagnia assicuratrice che gli offra maggiori garanzie e sicurezze per il suo caso specifico, cosicché la fiducia in quella sede trasparsa si mantenga anche durante l’esecuzione del contratto e, soprattutto, nel momento del bisogno.

di Federica Sartori

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